PREMESSA Il seguente appello è stato scritto e firmato da varie Associazioni mediche italiane, da medici e operatori impegnati in vari settori del Sistema Sanitario, nel campo della ricerca di base e universitaria, della prevenzione e della cura dei malati di COVID-19. La lettera ha lo scopo di spiegare in dettaglio perché, ad oggi, non si debba procedere con la vaccinazione anti-COVID-19 dei bambini. Facciamo riferimento alle prove scientifiche disponibili senza rinunciare a discutere delle strategie più efficaci per sconfiggere la pandemia, rifiutando strumentalizzazioni antivacciniste. SOMMARIO I vaccini contro la COVID-19 stanno riducendo i casi gravi di malattia e la mortalità; la loro somministrazione trova significato nella protezione delle popolazioni a rischio, dove la malattia può essere grave e letale. Al contrario, la vaccinazione dei bambini non comporta sostanziali benefici diretti ai riceventi, data la bassa incidenza e le manifestazioni cliniche moderate della malattia nelle fasce pediatriche, e non comporta neppure benefici di rilievo per la collettività, poiché i bambini non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2. I vaccini in uso non azzerano la trasmissione dell'infezione, hanno durata sconosciuta ed efficacia ridotta su alcune delle varianti finora emerse. Non è stata stabilita, ad oggi, la necessità e la frequenza di dosi di richiamo per mantenere l'immunità conferita con questi vaccini ed è sconosciuto l’effetto di una eventuale immunizzazione periodica. A fronte di benefici minimi o trascurabili, riteniamo che non sia opportuno esporre i bambini al rischio di eventi avversi conosciuti e comuni, anche se probabilmente in gran parte reversibili, e al rischio di eventi avversi a lungo termine ancora non individuati, ma possibili. La sorveglianza post-marketing delle vaccinazioni è iniziata da poco tempo; le informazioni su eventi rari ma pericolosi si potrebbero presentare nel corso degli anni ed evidenziarsi essenzialmente con lo sviluppo di programmi di sorveglianza attiva, ancora oggi lacunosi o completamente assenti. Si ritiene che la vaccinazione da sola non possa portare alla "immunità di gregge", quindi attualmente non esiste una giustificazione "altruistica" o “etica” nel vaccinare i bambini al fine di proteggere le popolazioni a rischio, già oggetto di un’intensa campagna vaccinale conseguente alla legge Lorenzin. COVID-19 E I BAMBINI La pandemia di COVID-19 è poco diffusa tra i bambini rispetto agli adulti; si stima che sotto i 20 anni di età la suscettibilità all'infezione sia circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. In Europa i casi di malattia in età pediatrica sono tra l’1 e il 5% dei casi totali di COVID-19; in Italia poco meno dell'1% dei casi positivi ha compiuto 18 anni. Nei bambini l’infezione si manifesta con un quadro clinico più favorevole rispetto all’adulto: il 4,4% è totalmente asintomatico, il 94,1% presenta quadri clinici lievi o moderati. Nei casi in cui si manifesti una polmonite lieve, unilaterale o bilaterale, il ricovero in terapia intensiva si è reso necessario solo nel 4% dei casi. La complicanza più temibile è la sindrome infiammatoria multisistemica temporalmente correlata a COVID-19, una sindrome iperinfiammatoria che si presenta tipicamente da 3 e 6 settimane dopo l'esposizione a SARS-CoV-2 in pazienti generalmente negativi al tampone nasofaringeo con RT-PCR ma con sierologia positiva. Questa associazione temporale e il basso tasso di positività della PCR suggeriscono che lo stato infiammatorio con disfunzioni di organi sia sostenuto da un meccanismo postinfettivo piuttosto che dall’infezione virale acuta. La letalità nella fascia di età 0-15 anni è pari allo 0,08%. È ancora da definire con precisione il ruolo di bambini e adolescenti nella diffusione dell’infezione, anche se questo aspetto non sembra importante come avviene invece per l’influenza stagionale. I bambini più piccoli (in età prescolare e della scuola primaria) sembrano trasmettere il SARS-CoV-2 con minor facilità rispetto agli adolescenti. I bambini non sono i super diffusori di COVID-19. Le infezioni all’interno della famiglia sono, secondo alcuni studi, infrequenti. Un insieme di cluster familiari su scala internazionale ha evidenziato che era improbabile che i bambini potessero essere il caso indice (paziente zero) dei nuclei familiari, in quanto erano responsabili solo di circa il 10% degli stessi cluster. LE REAZIONI AVVERSE RARE ALLE VACCINAZIONI I vaccini anti-COVID-19 sono tuttora oggetto di sperimentazione e hanno ricevuto autorizzazioni condizionate da parte dell’EMA, perché i dati attuali su sicurezza ed efficacia sono insufficienti per approvazioni complete. Solo con buoni sistemi di sorveglianza attiva (come quella che si attua nelle prime settimane degli studi clinici controllati randomizzati si evitano grossolane gravissime sottostime di frequenza e gravità delle reazioni avverse a breve termine e si possono stimare gli effetti a medio-lungo termine. Temiamo che in questo momento ci sia una sottostima degli eventi avversi, alcuni dei quali gravi, ad esempio sulle piastrine o sulla pressione arteriosa (i vaccini, analogamente al sars-cov-2, esprimono la proteina spike e interferiscono con la regolazione di pressione arteriosa e flusso polmonare). Vaccini realizzati con tecniche innovative possono avere effetti anche diversi da quelli finora riconosciuti. C’è la teorica possibilità di ADE (Antibody-Dependent Enhancement), con rischio di malattia polmonare più grave quando un vaccinato incontra altri virus circolanti. L’incidenza, oggi modesta, della sindrome infiammatoria multisistemica temporalmente correlata a COVID-19 (MIS-C) nei bambini potrebbe aumentare in conseguenza delle vaccinazioni. Stanno emergendo anche casi di trombosi dei seni venosi cerebrali con trombocitopenia successivi alla vaccinazione. Esiste, infine, il rischio di reazioni autoimmuni per somiglianza con proteine umane di quasi tutte le parti di antigene (epitopi) del virus SARS-CoV-2 a cui si legano gli anticorpi specifici immunogenici. È palese però che il bilancio tra rischi e benefici attesi andrebbe comunque stabilito da una analisi condotta sul lungo periodo. Anche solo alla luce di queste incertezze e alla peculiarità delle aspettative di vita dell’età pediatrica, il principio di precauzione ci impone di non cedere alla fretta di vaccinare i bambini finché non si avrà una conoscenza sufficiente delle implicazioni di questa vaccinazione. L’EFFICACIA PROTETTIVA DEI VACCINI Non è nota la durata dell'immunità conferita e quando e per quanto tempo saranno necessari richiami periodici con connessi ulteriori rischi di eventi avversi. C’è poi il problema delle varianti, che permettono al virus di adattarsi meglio all'ambiente ospitante e di diventare più trasmissibile, ed è noto che quelle più virulente tendono ad affermarsi quanto più il virus si trova in un ambiente ostile. La loro rapida emergenza sta già riducendo la risposta anticorpale ai vaccini, con plausibili ricadute anche su efficacia e durata della protezione. Con la variante sudafricana il vaccino Pfizer ha suscitato una risposta anticorpale 3 volte minore,e quello Moderna 4 volte minore, ma vi sono dati anche peggiori. Si noti che l’affermazione di una variante può essere rapidissima: in Italia il 18 febbraio la variante inglese era stimata dall’ISS al 54%, al 15 aprile è al 91,6%. Se i vaccini contrastano in buona misura la variante inglese, man mano che la vaccinazione procederà sono ipotizzabili altrettanto rapidi rimpiazzi da altre varianti meno disturbate dai vaccini. VACCINAZIONI E IMMUNITÀ DI GREGGE Una minor trasmissione del virus da parte dei vaccinati è verosimile, ma gli asintomatici vaccinati potrebbero per altri motivi essere più pericolosi nel contagiare, per una possibile riduzione delle proprie precauzioni (e quelle di altri verso di loro), anche in caso di sintomi lievi che potrebbero spesso attribuire ad altre cause. Comunque, è poco plausibile che si consegua l’immunita di gregge attraverso la sola vaccinazione di massa, perche: A. I vaccini prevengono solo in parte la trasmissione del virus nella popolazione (e verso alcune varianti non pare vero neppure questo). B. Le campagne di vaccinazione stanno procedendo a ritmi diversi nei diversi Paesi e tra la popolazione nello stesso Paese. C. Emergono varianti, anche resistenti al vaccino, che si diffondono velocemente con gli spostamenti della popolazione. Alti tassi di immunizzazione potrebbero creare una pressione selettiva che creerebbe un vantaggio per le varianti che quindi potrebbero infettare anche i vaccinati. D. Non è ancora noto quanto sia e quanto tempo duri la protezione fornita dal vaccino. E. I vaccinati potrebbero essere spinti ad adottare un comportamento meno "attento". F. Diverse specie animali sono serbatoi del virus. Si prevede che il virus diventi endemico, manifestandosi ad “ondate” di varia ampiezza e frequenza. Pertanto, la cooperazione tra la vaccinazione di soggetti a rischio e l’immunizzazione naturale di gruppi a rischio minore avrebbe il vantaggio di far conseguire prima una certa immunità di gregge. Il potenziamento delle difese naturali delle comunità, con miglioramenti ambientali, di stili di vita, di condizioni socioeconomiche e dei determinanti della salute globale e la individuazione di terapie efficaci sono condizioni determinanti per superare la pandemia. CONCLUSIONI I bambini reagiscono in modo diverso rispetto agli adulti ai vari stimoli antigenici, con differenze profonde nelle varie fasce di età. Inserire nuove vaccinazioni nei calendari vaccinali pediatrici potrebbe comportare una riduzione delle coperture delle vaccinazioni di routine e causare interazioni sconosciute. “I bambini non sono i più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime.” L’imperativo ippocratico “primum non nocere” è un principio basilare per ogni medico e dovrebbe esserlo anche per ogni provvedimento di sanità pubblica. Questo appello ha a corredo una corposa bibliografia scientifica, consultabile al seguente indirizzo https://www.salusnetwork.eu/wp-content/uploads/2021/07/APPELLO-PER-MORATORIA-VACCINAZIONE-COVID-BAMBINI.docx.pdf L’APPELLO È PROMOSSO DA Rete Sostenibilità e Salute, con le seguenti Associazioni:
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La cronaca ufficiale narra che una coppia di turisti sessantenni provenienti dalla provincia cinese di Hubei (Wuhan è il capoluogo), dopo un tour italiano, mentre sono alloggiati a Roma il 30.01.2020 si sentono male: primi casi positivi al Sars-Cov2. Da lì il contagio si diffonde a tutto il paese contando migliaia di morti. È andata realmente cosi? TEMPISTICHE Una ricerca sugli anticorpi da parte dell'Istituto dei Tumori di Milano e dell'Università di Siena ha individuato la presenza del virus in 13 regioni italiane sin da settembre 2019 con una positività dei campioni superiore al 10%. Passano diversi mesi prima che in Italia venga imposto il confinamento il 9.03.2020. EVOLUZIONE Fino a marzo 2020 la mortalità registrata in Italia equivale a quella del quinquennio 2015-2019, addirittura talvolta è minore. A MARZO 2020 DI COLPO LA MORTALITÀ SCHIZZA VERSO L'ALTO: se il virus, la cui incubazione è di 3/5 giorni, circolava da mesi, qual è il motivo di questa improvvisa impennata? Questa esplosione della mortalità è incompatibile con un'epidemia che si propaga da mesi. Nel PRIMO BIMESTRE 2020 la mortalità continuava a mantenersi a livelli minimi, mentre il virus circolava da almeno tre mesi e avrebbe quindi dovuto contagiare molta gente, considerando il fatto che nessuno usava dispositivi di protezione. Nel SECONDO BIMESTRE 2020 la distribuzione della mortalità non è omogenea: solo 12 sono le province, di 2 regioni, che hanno un' aumento della mortalità del 95%, mentre la mortalità sarebbe dovuta aumentare ovunque essendo un'epidemia. Non si spiega come mai nel resto d'Italia non ci sia stato lo stesso indice di mortalità. Nonostante il confinamento imposto in tutta Italia il 9.03.2020, la curva di mortalità comincia a scendere solo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile e la situazione si normalizza all’inizio di maggio, tornando a livelli minimi simili al 2015, anche se il virus circola ancora. IL 4.05.2020 quando vengono allentate le misure restrittive ci sono ancora 100.000 POSITIVI in tutta Italia. Dato sottostimato perché solo una minima parte della popolazione è stata sottoposta al test diagnostico. Queste persone sono totalmente scomparse dai radar del servizio sanitario e nessuno si è più preoccupato della loro potenziale contagiosità. Il Prof. Alberto Zangrillo il 27.07.2020 dichiara che dal 18.04.2020 a Milano non sono stati più registrati casi gravi di Covid, situazione che si verificherà anche nel resto d'Italia. Infatti in poco tempo le terapie intensive si svuotano. Come mai il 4 maggio ci sono ancora 100.000 positivi? Perché se essere positivi al test vuol dire essere malati qualcosa non torna. Durante l'estate la mortalità è nella norma. Da OTTOBRE 2020 nuovo incremento della mortalità. Dai dati si evince un andamento stagionale della mortalità che non presenta correlazione con le misure di restrizione delle attività lavorative, degli spostamenti e delle libertà imposte dal governo tramite i DPCM. Dati ufficiali dell'OMS:
CASI GRAVI Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità nei primi bollettini i casi gravi di covid19 rispetto al totale dei casi era il 2-3%, perché si effettuavano meno tamponi; invece il Bollettino del 5.01.2021 a pagina 23 recita che su 67.9363 casi confermati, 3.537 (lo 0.5%) presentano un quadro clinico critico. STIME DELLA PROTEZIONE CIVILE - al 30.4.2020 casi totali 205.463. Il 3% di 205.463 è 6.164. - al 31.12.2020 casi totali 2.107.166. Quindi tolti i 205.463 fino ad aprile 2020, restano 1.901.703 casi. Lo 0,5% di 1.901.703 è 9.509. - 6.164+9.509=15.673 casi gravi dall'inizio dell'epidemia MORTALITA’ L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 81 anni. L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 30 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (età mediane: pazienti deceduti 82 anni – pazienti con infezione 47 anni). Al 30 marzo 2021 sono 1188, dei 106.789 (1,1%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 282 di questi avevano meno di 40 anni (172 uomini e 110 donne con età compresa tra 0 e 39 anni). Di 80 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 164 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 38 non avevano diagnosticate patologie di rilievo. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3. Complessivamente, 210 pazienti (3% del campione) presentavano 0 patologie, 815 (11,7%) presentavano1 patologia, 1292 (18,5%) presentavano 2 patologie e 4675 (66,9%) presentavano 3 o più patologie. Confronto caratteristiche decessi nei 3 periodi marzo-maggio 2020, giugno-settembre 2020 e ottobre 2020-marzo 2021: nell’intero arco temporale preso in considerazione, aumentano i decessi di persone con 3 o più patologie preesistenti e diminuiscono quelli con meno patologie o nessuna: ciò sembra indicare che nel secondo e nel terzo periodo i decessi riguardano persone più anziane e con una condizione di salute preesistente peggiore rispetto ai decessi relativi al primo trimestre In base a questi numeri e dati, il governo italiano ha deciso di limitare per più di un anno la frequenza scolastica, le attività lavorative, gli spostamenti, le attività sportive giovanili, le relazioni sociali. A voi che leggete, il giudizio. Fonti ufficiali: ISTAT, Epicentro Istituto Superiore di Sanità, Protezione Civile Ringraziamento per la collaborazione a M. Gracis e M. Vandelli
a cura del Collettivo Scelta Consapevole La mucosa nasale è mantenuta nel suo stato di salute grazie all'equilibrio dinamico del microbiota, ovvero della popolazione principalmente di batteri, ma anche di virus e di funghi che la occupa e che permette l'effetto barriera rispetto ad elementi patogeni; l'equilibrio é talmente delicato che è stata dimostrata da alcuni studi perfino una variazione del microbiota nasale in funzione delle stagioni. Altre ricerche hanno dimostrato la possibilità di ridurre le riniti allergiche con terapie che ottimizzino il microbiota nasale. Questo può far comprendere che la mucosa nasale dovrebbe essere protetta da atti invasivi come peraltro insegna la pura conoscenza anatomo-fisiologica: i peli nasali ed il muco rappresentano una barriera all'ingresso delle microparticelle, siano esse di natura chimica (ad esempio inquinanti, polveri) o microbica; la parte anteriore delle cavità nasali (naso esterno) é deputata a trattenere ciò che non deve raggiungere le cavità nasali interne ove risiede il bulbo olfattivo e dove sono presenti gli orifizi comunicanti con i seni paranasali. E' inevitabile che l'inserimento del tampone rinofaringeo, oltre a potenziali microlesioni della delicata mucosa nasale (ma vi sono testimonianze documentate di danni anche gravi fino alla morte di un bambino e situazioni di rischio inalatorio e di lesioni importanti ad esempio a seguito di rottura del tampone durante l'esecuzione della manovra di prelievo), porti rapidamente nel naso interno e nel retrofaringe ciò che deve rimanere confinato nel naso esterno; tale azione invasiva con la sua inevitabile contaminazione microbica e chimica prescinde dall'abilità dell'esecutore, alterando il delicato equilibrio di cui sopra e questo rappresenta di per sé un fattore favorente l'insorgenza di infezioni delle vie respiratorie o il peggioramento di infezioni già in essere. La motivazione diagnostica a giustificazione del danno non dovrebbe essere chiamata in causa, essendo noto che la tecnica PCR non rappresenta un metodo diagnostico, pur essendo utilizzato come tale, ignorando gli avvertimenti ripetuti del suo ideatore Kary Mullis, il quale ha indicato tale metodica ai fini di replicazione di una sostanza per ricerca e non per diagnosi. Nessuno può essere certo sulla veridicità della positività o della negatività del tampone PCR sia per questioni di similitudine tra virus, sia perché l'RNA virale SARS-CoV-2 non rappresenta il virus integro, cioè corredato di capside con le sue proteine spike, e potrebbe essere solo un prodotto di scarto. La riflessione che consegue alla precedente é questa: si può escludere che a seguito di una lesione sia pur microscopica della mucosa nasale l'indebolimento della barriera mucosa permetta più facilmente il passaggio del virus in questione nella sottomucosa e di qui nel torrente circolatorio? E il virus al di fuori dell' habitat della mucosa nasale dove spesso risulta completamente asintomatico diventa più virulento? La risposta a questa domanda é sì, in quanto ormai é risaputo da una moltitudine di studi che i coronavirus in genere amplificano la risposta citochinica infiammatoria ed a seguire la cascata coagulativa. Sappiamo anche che le nanoparticelle di smog producono lo stesso effetto per cui é lecito porsi le seguenti domande: 1) E' plausibile che la lesione provocata dal tampone, anche se microscopica, amplifichi i casi di Covid concorrendo a favorire la manifestazione sintomatologica e a rendere la sintomatologia più grave di quello che sarebbe stato il suo decorso naturale? 2) E' plausibile che la lesione provocata dal tampone in caso di inquinamento da nanoparticelle concorra a favorire la manifestazione sintomatologica e a rendere la sintomatologia più grave di quello che sarebbe stato il suo decorso naturale? 3) E' plausibile che la lesione delle delicate fibre nervose olfattive, provocata dal tampone, concorra a favorire le manifestazioni neurologiche e a rendere la sintomatologia più grave di quello che sarebbe stato il suo decorso naturale? 4) Quale diagnosi differenziale viene fatta per escludere altri patogeni che possono dare luogo a quadri simili? Chiunque voglia cominciare a pensare al di fuori della narrativa corrente ed a ragionare nell'interesse del paziente non può non riflettere su queste domande. Fonti: - rivista "JAMA Otolaryngology - Head & Neck Surgery" - microbioma.it - rivista "Cell & Host Microbe" - rivista "Scientific Report" - "I TLRs: i recettori di membrana dell'immunità innata" - Microbiologia Italia, Febbraio 19, 2019 di Maria Chiara Langella - "Coronavirus: interazioni tra smog, polveri sottili e Sars-CoV2, nuovo studio Arpa" (lavocedivenezia.it) - documento dei ricercatori delle Agenzie regionali di protezione per l’ambiente (Arpa) di Emilia-Romagna e Marche, dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Ateneo di Bologna - rivista "Epidemiologia e Prevenzione"
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RIFLESSIONI
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